Dovevo cucinarmi il cibo.
Senza microonde.
A dire la verità, vagabondando per l'Europa mi era già capitato. Per esempio in Danimarca, come ben si ricorderanno i miei compagni di viaggio d'allora, dove preparai dei fusilli forse (forse) troppo al dente. O in Ungheria, dove mi sentii dire dalla nonnina che mi affittava la stanza, dopo un po' che armeggiavo con le pentole: "Nem tudsz főzni!", cioè "non sai cucinare!", nonostante l'impegno profuso. E così, deriso e afflitto, raramente mi rimisi ai fornelli. Anzi, diciamo mai.
Ma ora, ora era tutto cambiato. Sia mai che un italiano non sappia cuocere una pasta! E così, conscio di reggere l'onore di un'intera nazione sulle mie spalle (sembra fra l'altro che la precedente italiana del piano si fosse fatta parecchio apprezzare in questo campo), trovate forze inaspettate e pentole adeguate, afferrata la materia prima che ormai da troppo tempo giaceva solitaria e sconsolata nell'armadietto, iniziò l'impresa (?). Impresa fra l'altro ben documentata, grazie alla collaborazione di Tobias e Daniel, complanari presi un po' alla sprovvista dall'incombenza...
Bolle, bolle l'acqua |
Lecker! |
Gli strumenti del duro lavoro |
Ci siamo quasi! |
Irresistibile! |
Ma alla fine qual è la ricompensa per questi esaltanti momenti? Proprio così. Lavarsi le stoviglie. Maledizione, questo lo sapevo già fare.